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Massimatore: dr. Pierluigi Moscone


Tribunale Ordinario di Bologna, Sezione Seconda Civile - Sentenza 11/06/2021 - 08/07/2021 n. 1626
Giudice Unico estensore dr. Marco D’Orazi

Contratto di somministrazione – Fornitura di energia elettrica – Debenza del somministrato (Qualità soggettiva di Consorzio di Bonifica) – Applicazione dell’Iva – Legittimità – Obbligo del somministrante di applicazione dell’aliquota agevolata – Infondatezza – Debenza degli interessi (portati da D.I.) – Legittimità – Inidoneità probatoria delle fatture emesse e insolute – Infondatezza – Conferma del D.I. – Spese giudiziali (mat. Civile) – Responsabilità processuale aggravata – Soccombenza – Mala fede o Colpa grave – Esclusione – Condanna ex art.96 co.3 cpc – Esclusione

Rif. Leg.: art. 96 cod. proc. civ.; art. 24, 111 Cost;

Posto il duplice connotarsi della condanna a titolo di responsabilità processuale aggravata di cui alla disciplina normativa dell’articolo 96 del codice di procedura civile, per la quale, con riguardo al primo comma devono necessariamente ricorrere una domanda di parte, la mala fede o la colpa grave nell’esercizio dell’azione nonché una condotta antigiuridica ed ingiusta tale da causare un danno del quale siano allegati e prodotti l’avveramento e l’entità in ottemperanza all’onere della prova, mentre, con riguardo alla previsione normativa di cui al terzo comma e alla condanna a pena equitativamente determinata ivi prevista può procedervi anche ex officio il giudice legittimamente prescindendo da una domanda di parte nonché dall’ottemperanza, ivi non incombente sulla parte, all’onere di allegazione e probatorio in merito al danno subìto, tale diversità applicativa che obiettivamente si delinea sul piano positivo importa che va comunque affermata — in via interpretativa — un’identità desumibile con riguardo all’elemento soggettivo delle fattispecie, ciò che conduce necessariamente a richiedere anche in merito alla condanna a pena equitativamente determinata di cui al terzo comma dell’articolo 96 del codice di rito la ricorrenza della mala fede o della colpa grave impiegate nell’esercizio dell’azione e nell’adire l’autorità giurisdizionale ordinaria, ché, altrimenti, un’ipotesi applicativa e decisoria diversa, che escludesse la ricorrenza in tal caso di una condotta soggettivamente qualificata secondo un’interpretazione strettamente adesa alla lettera della norma non orienterebbe a distinguere il requisito cui riferirsi per imputare una soccombenza inidonea ed estranea alla condanna ed una invece che sia idonea e pienamente conforme all’irrogazione della sanzione secondo l’ultimo comma della norma in esame, e ciò principalmente ai fini di una motivazione sul punto da parte del giudice da un lato imprescindibile e dall’altro adeguata ad un criterio di ragionevolezza che evidenzi la causa della sua pronunzia nella sussistenza dei due possibili requisiti volitivi, e quindi la mala fede — ricorrente ogni qual volta la parte abbia palesemente, con la propria condotta processuale, negato il vero o affermato il falso — oppure la colpa grave — presente ogniqualvolta la parte abbia scientemente perseguito un esito manifestamente infondato e impossibile di accoglimento rendendo palesemente inverosimile la propria difesa a scapito del mezzo processuale mediante un uso d’esso strumentale, defatigatorio e arbitrario, di contro ai principii costituzionali sanciti negli articoli 24 e 111 della norma fondamentale e volti a garantire il diritto di difendersi e la ragionevole durata del processo —. Ne consegue che l’assenza — in termini di interpretazione sistematica, analogica e costituzionalmente orientata — dei due requisiti soggettivi descritti — la mala fede e la colpa grave — impedisce al giudice la pronunzia ex officio della condanna a pena equitativamente determinata secondo il disposto di cui al terzo comma dell’articolo 96 del codice di procedura civile.

Cfr.: contra, Cass. civ., Sez. lavoro, Sentenza 15.02.2021, n. 3830, (rv. 660533-02); Cass. civ., Sez. VI-2, Ordinanza 24.09.2020, n. 20018 (rv. 659226-01); Cass. civ., Sez. VI-3, Ordinanza 18.11.2019, n. 29812 (rv. 656160-01); Cass. civ., Sez. VI-3, Ordinanza 10.09.2018, n. 21943; Cass. civ., Sez. II, Sentenza 21.11.2017, n. 27623 (rv. 646080-01); v., le citate pronunzie, sul sito web “Pluris on line”, Utet\ Cedam, ed. Wolters Kluwer Giuridica ;

in senso conforme Cass. civ., Sez. VI-2, Ordinanza 24.10.2019, n. 27326; Cass. civ., Sez. III, Sentenza 12.07.2019, n. 18745; Cass. civ., Sez. Unite, Sentenza 20.04.2018, n. 9911; Cass. civ. Sez. Unite, Sentenza 20.04.2018, n. 9912 (rv. 648130-02); Cass. civ., Sez. III, Sentenza 14.10.2016, n. 20732 (rv. 642925-01); Cass. civ., Sez. III, Sentenza 21.07.2016, n. 15017; Cass. civ., Sez. III, Sentenza 16.06.2016, n. 12413 (rv. 640412); Cass. civ., Sez. lavoro, Sentenza 19.04.2016, n. 7726 (rv. 639485); v., le citate pronunzie, sul sito web “Pluris on line”, Utet\ Cedam, ed. Wolters Kluwer Giuridica ;

nell’ambito della giurisprudenza di merito, ed in particolare delle corti felsinee, vedasi in particolare Corte d’Appello, Bologna, Sezione Prima Civile, Sentenza 02.05 - 11.05.2017, n. 1080, est. dr. Francesco Parisoli; Corte d’Appello, Bologna, Sentenza 24.03-30.03.2017, n° 776, est. dr. Antonella Palumbi; Corte d’Appello, Bologna, Sentenza 27.09.2013-27.01.2014, n° 241, est. dr. Francesco Parisoli; Corte d’Appello, Bologna, Sentenza 16.07-15.11.2013, n° 2035, est. dr. Diego Di Marco; nonché, per un caso particolare, Corte d’Appello, Bologna, Sentenza 09.05-01.06.2017, n. 1293, est. dr. Mariapia Parisi;