Brevi note sulle notificazioni in proprio eseguite a mezzo PEC a seguito del D.M 48/2013 e sul Protocollo sulle notificazioni tramite PEC dell’Osservatorio della Giustizia Civile di Bologna del 21 luglio 2014.
La possibilità di effettuare notificazioni a mezzo PEC in proprio da parte degli avvocati ai sensi della L. 53/1994 rappresenta indubbiamente forse una delle più significative recenti semplificazioni degli innumerevoli adempimenti formali cui il legale che svolge essenzialmente attività giudiziale è chiamato.
Come non ricordare le interminabili code presso gli uffici dell’UNEP per notificare un atto, per poi tornare nuovamente a ritirare l’originale rilasciato dall’ufficiale giudiziario, senza peraltro alcuna sicurezza sul buon esito della notificazione quando il notificando risultava irreperibile e/o trasferito. Ad oggi questo problema dovrebbe residuare solo nel caso si intenda notificare a soggetti che non debbano obbligatoriamente dotarsi di un indirizzo PEC (nella sostanza tutti coloro che non siano professionisti o imprese).
Eliminata recentemente la necessità della autorizzazione dal parte del Consiglio dell’Ordine degli avvocati per effettuare le notifiche in proprio a mezzo PEC, ed ancor prima eliminato l’obbligo di annotazione sul Registro Cronologico delle notificazioni istituito dalla L. 53/1994, tale modalità di effettuare le notificazioni sembrerebbe veramente divenuto uno strumento duttile e di facile utilizzo idoneo ad ottenere un notevole risparmio di tempo ed una maggiore certezza sulla effettività della notifica.
Se a ciò si aggiunge la possibilità recentemente concessa agli avvocati dall’art. 52 del D.L 90/2014 di attestare la conformità di un atto a quello estratto dal fascicolo informatico mediante una semplice operazione di download, evitando di tal guisa di doversi recare presso gli uffici giudiziari per la richiesta delle copie autentiche e successivamente recarsi nuovamente, quando disponibili, per il ritiro, si deve indubbiamente riconoscere che tali normative introdotte di recente consentono davvero una significativa accelerazione dei tempi nelle attività giudiziarie, oltre che una maggiore efficienza delle risorse degli apparati pubblici.
Purtroppo il legislatore con una tecnica legislativa ormai sempre più utilizzata ha disciplinato la materia con una serie di provvedimenti stratificatisi nel tempo ma soprattutto con una serie di rimandi normativi che a loro volta richiamano ulteriori norme, con il risultato di un corpus normativo frammentato in una serie di fonti di legge primarie e secondarie, farraginoso, e in alcuni passaggi anche di difficile intelligibilità.
In queste brevi note si vuole segnalare una problematica di carattere giuridico, che necessariamente, per la frequenza con cui si presenta, dovrà affrontare ogni avvocato che intenda procedere ad effettuare in proprio una notificazione a mezzo PEC.
In particolare, come è noto, si può procedere alla notificazione dei seguenti documenti:
- Documenti informatici (art. 21 del Codice dell’amministrazione Digitale, d’ora innanzi CAD) ovvero atti creati direttamente in forma elettronica comunemente definiti "atti nativi" (i.e atto di citazione, precetto, etc) che il legale avrà cura di predisporre con un elaboratore di testi (word) e trasformarlo in .PDF – testo copiabile (non è ammessa pertanto la scansione per immagine).
- Copie informatiche di atti originariamente formati su supporto analogico di cui all’art 22 del CAD (sentenze, decreti, in genere provvedimenti del Giudice ed atti di terzi). Come è noto tali atti necessiteranno di asseverazione inserendo la dichiarazioni di conformità all’originale all’interno della relazione di notifica.
- Le copie informatiche/ duplicati che ai sensi dell’art 52 del D.L 90/2014 l’avvocato può estrarre da fascicolo informatico ed attestarne la conformità all’originale (contenuto appunto nel fascicolo informatico consultabile dalla consolle o dal polisweb)
In relazione a tali tipologie di documenti, nulla quaestio per quanto concerne i documenti informatici che notoriamente devono essere sottoscritti digitalmente dall’avvocato, ma i documenti di cui alle lettere b) e c) necessitano anch’essi di sottoscrizione digitale?
La questione non è di poco conto, come si può facilmente immaginare, e si anticipa sin d’ora che in merito vi sono diverse scuole di pensiero.
Infatti, nonostante la L. 53/1994 taccia completamente in relazione ai vizi della notifica e sulle sue conseguenze, si ritiene comunemente che qualora un documento che necessiti della sottoscrizione digitale ai sensi di legge venga allegato privo di quest’ultima, la notifica andrebbe considerata nulla (e pertanto non inesistente).
E’ evidente che se la controparte destinatario della notificazione si costituisce in giudizio, il vizio di nullità viene sanato in virtù del principio di cui all’art 156 c.p.c sul raggiungimento dello scopo dell’atto, ma se la controparte non si costituisce ben può eccepire la nullità della notificazione anche successivamente con la conseguente apertura di un finestra temporale indefinita di totale incertezza in ordine alla attività processuale svolta medio tempore.
In particolare, il Protocollo sulle notificazioni in proprio tramite PEC del 21 luglio 2014 elaborato dall’Osservatorio sulla Giustizia Civile di Bologna (consultabile al sito http://www.ordine-forense.bo.it/media/PCTProtocolloNotifichePEC.pdf) propende chiaramente per la non necessità della sottoscrizione digitale di detti documenti.
Infatti, tale Protocollo, nel descrivere la procedura di notificazione e più specificatamente gli atti notificabili, mentre per quanto concerne i documenti informatici (ovvero gli atti c.d. "atti nativi" redatti dall’avvocato) fa espressa menzione della necessità della sottoscrizione digitale, per quanto concerne le copie informatiche fa espressa menzione esclusivamente della necessità della attestazione di conformità della copia informatica all’originale cartaceo ai sensi dell’art. 3-bis della L. 53/1994.
Altri commentatori ed altri Protocolli sono di pari avviso, affermando in modo esplicito che le copie informatiche non debbano essere sottoscritte digitalmente.
Di diverso avviso altri commentatori ed altri Protocolli per le notificazioni in proprio a mezzo PEC.
Infatti nell’ottimo "Vademecum per l’avvocato Digitale" (elaborato dal Consiglio dell’Ordine degli avvocati di Napoli – Commissione per l’informatica – ) facilmente reperibile in rete, si giunge a conclusioni, tra l’altro argomentate in punto di diritto, diametralmente opposte.
In particolare, nella disamina relativa ai documenti informatici si afferma testualmente: "Quando si procede alla notifica di copie informatiche di atti "tradizionali", nella relata di notifica deve essere inserita l'attestazione di conformità della copia telematica all'atto cartaceo da cui essa è tratta. Qui sorge un primo dubbio: il comma 4 (nuova formulazione) dell’art. 18 prevede che l’avvocato, dopo aver estratto la copia informatica per immagine dell’originale cartaceo, firmi digitalmente la relata contenente la dichiarazione di conformità: nulla dice però a proposito della copia informatica per immagine (a differenza della versione precedente dell’art. 18). A dirimere il dubbio soccorre però il comma 1 dell’art. 18 il quale prevede che anche le scansioni informatiche da notificare devono essere redatte nei formati consentiti dalle specifiche tecniche del processo telematico. Quindi l'atto va in tal caso notificato in formato PDF ma necessariamente con firma digitale p7m".
Dunque, l’ordine degli avvocati di Napoli propende per la tesi della necessità della sottoscrizione digitale per le copie informatiche.
Quid Juris?
La problematica non è di facile soluzione. Probabilmente l’intenzione del legislatore era quella di non rendere necessaria la sottoscrizione digitale delle copie informatiche, ma se ripercorriamo la trafila dei rimandi normativi, in base al tenore letterale di questi ultimi potrebbe giungersi effettivamente alla conclusione cui è giunto il CDO d Napoli.
Ma analizziamo il combinato disposto delle norme che a quanto visto si prestano a diverse opzioni ermeneutiche.
Il D.M 48/2013 rubricato "Regolamento recante modifiche al D.M. n. 44/2011, concernente le regole tecniche per l'adozione nel processo civile e nel processo penale delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione" ha modificato l’art. 18 del D.M 44/2011.
La precedente versione dell’art. 18 del D.M 44/2011 rubricata "Notificazioni per via telematica tra avvocati" prevedeva espressamente che l’avvocato sottoscrivesse digitalmente le copie informatiche da allegare alla PEC, statuendo, al comma I:"…..omissis….A tale scopo trasmette copia informatica dell'atto sottoscritta con firma digitale all'indirizzo di posta elettronica certificata del destinatario risultante dal registro generale degli indirizzi elettronici, nella forma di allegato al messaggio di posta elettronica certificata inviato al destinatario….omissis"
Nella attuale versione dell’art. 18 del D.M 44/2011 rubricato ora "Notificazioni per via telematica eseguite dagli avvocati", da un lato è stata eliminato il periodo di cui innanzi (pertanto non è più previsto espressamente che la copia informatica debba essere sottoscritta digitalmente), dall’altro lato, il IV comma, si limita a prevedere che " L'avvocato che estrae copia informatica per immagine dell'atto formato su supporto analogico, compie l'asseverazione prevista dall'articolo 22, comma 2, del codice dell'amministrazione digitale, inserendo la dichiarazione di conformità all'originale nella relazione di notificazione, a norma dell'articolo 3-bis, comma 5, della legge 21 gennaio 1994, n. 53".
Dalla eliminazione dell’obbligo espresso della sottoscrizione digitale e dalla previsione in positivo del IV comma dell’art. 18 di ciò che l’avvocato deve fare per notificare una copia informatica (ovvero limitarsi alla asseverazione e null’altro) sembrerebbe evincersi che davvero il legislatore abbia voluto eliminare l’obbligo di sottoscrizione digitale per le copie informatiche.
Il problema è che quello che è fatto uscire dalla porta rientra dalla finestra.
Infatti l’art. 18, comma I, prevede che "L'avvocato che procede alla notificazione con modalità telematica ai sensi dell'articolo 3-bis della legge 21 gennaio 1994, n. 53, allega al messaggio di posta elettronica certificata documenti informatici o copie informatiche, anche per immagine, di documenti analogici privi di elementi attivi e redatti nei formati consentiti dalle specifiche tecniche stabilite ai sensi dell'articolo 34".
Le specifiche tecniche di cui all’art. 34 sono adottate dal Provvedimento del Ministro della Giustizia del 16.04.2014.
L’art. 12 di tale Provvedimento, rubricato "Formato dell'atto del processo in forma di documento informatico - art. 11 del regolamento" prevede che l’atto del processo deve essere in .PDF e sottoscritto digitalmente.
E’ pur vero, che il comma 1 dell’art. 18 statuisce che l’atto del processo, da depositare telematicamente all’ufficio giudiziario, debba avere i requisiti anzidetti, e nel caso d specie non si tratta di atto da depositare presso l’ufficio giudiziario ma di atto da allegare alla PEC ai fini della notificazione, ma il rimando normativo dell’art. 18, comma 1, sembrerebbe non lasciare spazio a scelte interpretative.
Ora se da un punto di vista sostanziale non si dubita, a parere dello scrivente, come detto, di quale fosse la volontà del legislatore, non può sottacersi che la tecnica redazionale delle norme non ha brillato per chiarezza, e prova ne è la stessa esistenza di differenti orientamenti su una questione tanto di particolare delicatezza quanto di particolare frequenza per gli operatori del diritto.
Da un punto di vista eminentemente pratico si potrebbe risolvere il problema allegando alla PEC una copia informatica sottoscritta digitalmente ed una non sottoscritta.
Chi scrive ha proposto tale soluzione nel blog gestito dalla Commissione per l’informatica del CDO d Napoli, ma è stato risposto che tale soluzione "creerebbe un problema di affidamento" al destinatario della notificazione e pertanto tale soluzione non sarebbe percorribile. Per loro il problema non si pone, la copia informatica va sottoscritta digitalmente. Anche per l’Osservatorio per la Giustizia Civile di Bologna il problema non si pone, visto che nel protocollo non se ne fa nemmeno menzione: le copie informatiche non vanno sottoscritte digitalmente.
De iure condendo si auspica un chiarimento sul punto.
Avv Giuseppe Villone