Autore: avv. Valeria Cianciolo (Foro di Bologna)


Nota a Tribunale Bologna, sent., 5 novembre 2020 - Pres. Betti, Rel. Porreca

L’indegnità a succedere e l’esclusione del coniuge superstite

di Valeria Cianciolo – Avvocato del Foro di Bologna

Il caso. Tizio con testamento olografo nominava erede universale il figlio Caio.

Filana, figlia del de cuius, sosteneva che la scheda testamentaria doveva ritenersi nulla ex art. 606 cod. civ. perché non autografa e non sottoscritta dal testatore, in violazione dell'art. 602 cod. civ., come dimostrato da una perizia calligrafica di parte, in base alla quale, anzi, risultava che i tratti grafici erano direttamente riferibili a Cornelia, moglie del de cuius (e madre dell'attrice).

Filana chiedeva, in via principale, dichiararsi l'invalidità del testamento impugnato (per carenza di autografia o per incapacità di intendere e di volere del de cuius), con declaratoria di indegnità della madre ex art. 463 n. 6) cod. civ. o, in subordine, ex art. 463 n. 4) cod. civ., per aver indotto il marito, con dolo o violenza, a fare testamento.

Il Tribunale felsineo ha accertato e dichiarato la falsità del testamento olografo e, per l'effetto ha dichiarato aperta la successione legittima e l'indegnità a succedere, ai sensi e per gli effetti di cui all'art. 463 n. 6 cod. civ., di Cornelia, moglie del de cuius,

Le questioni. Come noto, l’art. 463 cod. civ. prevede uno spettro di comportamenti basate sulla riprovazione sociale e morale per fatti gravissimi, costituenti in prevalenza astratte fattispecie di reato, in conseguenza dei quali viene dichiarato indegno ed escluso dalla successione colui che si sia reso colpevole di gravi offese alla persona, o alla libertà testamentaria dell’ereditando.

Accanto alla tradizionale suddivisione tra fatti che attentano alla personalità fisica e morale del de cuius (di cui ai nn. 1, 2 e 3) e fatti che attentano alla libertà di testare (di cui ai nn. 4, 5, e 6), deve aggiungersi l’ipotesi del genitore che, essendo decaduto dalla responsabilità genitoriale, ai sensi dell’art. 330 cod. civ., non vi sia stato reintegrato alla data di apertura della successione [art. 463, n. 3- bis) cod. civ.].

A queste fattispecie, si deve rammentare quanto previsto:

1. dall’art. 609- nonies, n. 3, cod. pen., ai sensi del quale, la condanna per alcuno dei delitti previsti dagli artt. 609-bis (violenza sessuale), 609-ter, 609-quater (atti sessuali con minorenne), 609-quinquies (corruzione di minorenne) e 609- octies cod. pen. (violenza sessuale di gruppo), comporta, fra l'altro la perdita della responsabilità genitoriale del genitore, quando la qualità di genitore è elemento costitutivo del reato;

nonché

2. dall’art. 448-bis cod. civ., introdotto con la riforma della filiazione (legge n. 219 del 2012), che sancisce la facoltà di escludere dalla propria successione un potenziale legittimario, ovvero il genitore nei cui confronti sia stata pronunciata la decadenza dalla responsabilità genitoriale, "per i fatti che non integrano i casi di indegnità di cui all’art. 463".

La dottrina e la giurisprudenza maggioritaria affermano che l’indegnità è una una causa di esclusione ex post dalla successione (P. Schlesinger, voce Successioni (diritto civile). Parte generale, in Nov. D. it., Torino 1971, p. 755; A. Palazzo, Le successioni, in Tratt. Iudica e Zatti, I, Milano 2000, p. 219 s.; G. Capozzi, Successioni e donazioni, I, 4ª ed., Milano 2015, p. 180 ss.; Cass., sez. II, 16 febbraio 2005, n. 3096, in Fam. pers. succ., 2005, p. 141, con nota di A. Natale, La pronuncia postuma di indegnità a succedere; Cass., sez. II, 29 marzo 2006, n. 7266, in Giur. civ. comm., 2006, p. 3. Cass., sez. II, 5 marzo 2009, n. 5402, in Fam. per. succ., 2009, p. 973, con nota di A. Albanese, in cui si ripete: "l’indegnità a succedere prevista dall’art. 463 cod. civ., va dichiarata con sentenza costitutiva su domanda dell’interessato" e che "l’operatività ipso iure dell’indegnità non esclude la necessità della domanda da parte del soggetto interessato".) che necessita di un’azione apposita e non discende ipso jure come l’incapacità a succedere. Sul punto, la giurisprudenza ha precisato che l’indegnità non è uno status connaturato al soggetto che si assume essere indegno a succedere, ma una qualificazione di un comportamento del soggetto medesimo, che deve essere data dal giudice a seguito dell’accertamento del fatto che integra quella determinata ipotesi di indegnità dedotta in giudizio, e che si sostanzia in una vera e propria sanzione civile di carattere patrimoniale avente un fondamento pubblicistico (Cass., Sez. II, 5 marzo 2009, n. 5402; Cass., Sez. II, 29 marzo 2006, n. 7266).

La legge consente ampia libertà alla persona che intende disporre delle proprie ultime volontà: riabilitando l’indegno. La persona della cui successione si tratta (art. 466 cod. civ.) dovrà:

a. rendere un’espressa dichiarazione di riabilitazione, con atto pubblico o con testamento;

oppure

b. pur conoscendo la sussistenza della causa di indegnità, indicare l’indegno nel proprio testamento (dovrà in questo caso essere l’indegno a provare che il defunto era a conoscenza del grave atto che costituisce causa di indegnità). In questo caso, l’indegno "tacitamente riabilitato" potrà conseguire l’eredità solamente nei limiti della disposizione testamentaria.

Nel caso all’esame del Collegio felsineo, la moglie del de cuius è stata dichiarata indegna ai sensi dell’art. 463 n. 6) cod. civ.

Il n. 6 dell’art. 463 cod. civ. è stato introdotto dal legislatore del 1942, mentre in precedenza si riteneva che la formazione e l’uso del testamento falso rientrasse nel fatto dell’alterazione che era espressamente regolato. La dottrina, tuttavia, non concorda sull’offesa alla volontà del de cuius sottesa in questi fatti: se il de cuius non ha redatto alcun atto di ultima volontà, non può dirsi che la formazione di un testamento falso, o il suo uso, costituiscano un attentato alla libera volontà del defunto. Si ritiene, pertanto, che l’effettivo fondamento della disposizione sia costituito dall’illecito intento che ha il falsificatore di procurare a sé un vantaggio o ad altri un danno.

Deve intendersi per testamento qualunque documento formalmente autonomo contenente disposizioni di ultima volontà, intese a regolare anche in parte la sorte dei diritti del testatore per il tempo successivo alla morte, non essendo necessario che il falso, dal quale deriva l’indegnità a succedere, consista nella formazione di un atto di ultima volontà che regoli l’intera successione. Ne discende, che la fattispecie di indegnità risulta integrata, altresì, se il soggetto abbia proceduto alla formazione di un codicillo falso o di esso abbia fatto uso sciente; si ha falso, anche se la falsità consista soltanto nell’apposizione della data, essendo elemento essenziale del testamento olografo (Cass., 28 settembre 1954, n. 3152).

Nel caso prospettato, dalla dichiarazione di indegnità a succedere ne è discesa l’esclusione della moglie del de cuius dai suoi diritti di legittimaria, compreso dunque, anche il diritto di uso e di abitazione sulla casa coniugale previsti dall’art. 540 cod. civ. e che, come noto, qualificano la quota già riservata al coniuge, la quale si compone così della frazione di patrimonio riservata per legge, e del "valore" dei due diritti attribuiti per legato ex lege. e l'indegnità travolge anche gli acquisti a titolo di legato.

Il dato testuale, peraltro, non sembra lasciare adito a interpretazioni differenti, posto che i principi contenuti nell'art. 540 cod. civ. presuppongono due attribuzioni quantitativamente e qualitativamente distinte: la riserva del coniuge superstite (art. 540, 1° co. oltre a quanto dispongono l'art. 542 e l'art. 544) e le ulteriori attribuzioni dei diritti di uso e di abitazione (art. 540, 2° co., cod. civ.).